Responsabilità dell’amministratore di società: quando il creditore sociale può chiedere il risarcimento?

Spesso accade che le società, nello svolgimento della loro attività, contraggano debiti con soggetti terzi, i cosiddetti creditori sociali, i quali, a fronte di un credito che non siano ancora riusciti a riscuotere, possono rivalersi non solo nei confronti della società stessa, ma anche nei confronti dell’amministratore.

di Sara Berni

L’amministratore risponde non solo verso la società, ma anche verso i creditori sociali i quali, secondo la vigente normativa, hanno la possibilità di esperire un’azione nei suoi confronti anche laddove la società stessa abbia voluto rinunciare ad intraprendere un giudizio.



Responsabilità dell’amministratore: cosa prevede la normativa attuale?


È ormai pacifica la configurabilità dell’azione di responsabilità promossa da un creditore sociale nei confronti dell’amministratore di S.p.a. e di S.r.l., azione che trova fondamento tanto nella norma di cui all’art. 2394 cod. civ., quanto in quella di cui all’art. 2476, co. 6, c.c., ovvero, infine, nella clausola generale contenuta nell’art. 2043 c.c.

Nello specifico, la giurisprudenza consolidata ritiene che sussista una responsabilità diretta e personale dell’amministratore della società nei confronti del creditore sociale quando il patrimonio sociale risulti insufficiente in conseguenza della cosiddetta ‘mala gestio’ dell’amministratore.

Sul punto occorre ricordare che nelle società per azioni la gestione dell’impresa è compito esclusivo degli amministratori, i quali si occupano delle operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale ma, sono chiamati ad adempiere i doveri, ad essi imposti dalla legge e dallo statuto, necessariamente con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze (così come previsto dall’art. 2392, comma 1, c.c.).

Quali sono gli obblighi dell’amministratore di una società? Cosa accade in caso di ‘mala gestio’?

I doveri di un amministratore, puntualmente definiti dalla legge o dallo statuto della società, si identificano in comportamenti relativi alla gestione dell’attività sociale nel suo complesso e possono riguardare, a titolo esemplificativo, la tenuta delle scritture contabili, la predisposizione dei bilanci, i prescritti adempimenti fiscali e previdenziali, ovvero i cosiddetti obblighi specifici. In aggiunta ad essi, tuttavia, la giurisprudenza di legittimità individua anche un obbligo generale di amministrare la società con diligenza, ricavabile dalle norme che disciplinano le società per azioni e, in particolare, dal dettato dell’art. 2403, comma 1, c.c., che prevede in capo ai sindaci della società un obbligo specifico di vigilanza sul rispetto dei principi di corretta amministrazione.

In ragione di ciò, la legge punisce, ad oggi, gli atti di ‘mala gestio’ che si siano risolti in un danno patrimoniale per la società e che siano stati frutto di una violazione dolosa o colposa ai doveri gestori, così come sopra delineati.

Invero, gli amministratori sono responsabili verso la società e verso i creditori per il danno patrimoniale ad essi cagionato che sia causalmente riconducibile in via immediata e diretta alla violazione dei doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto o del dovere generale di amministrare la società con diligenza.

Tutto ciò premesso, è ormai pacifico che, in caso di ‘mala gestio’, l’amministratore risponderà verso la società, ma anche verso i creditori sociali che potranno o surrogarsi nei diritti della società proponendo, in luogo di quest’ultima, l’azione sociale di responsabilità nei confronti dell’organo amministrativo, o far valere una responsabilità da atto illecito ex art. 2043 c.c. per il danno ingiusto causato da amministratori che abbiano agito con colpa o dolo in violazione dei doveri ad essi imposti.

Ricordiamo, inoltre, che i presupposti necessari e sufficienti per l’esperimento dell’azione di responsabilità devono ritenersi principalmente due, collegati tra loro in rapporto di causalità:

1. l’esistenza di un pregiudizio patrimoniale per i creditori;

2. la condotta illegittima degli amministratori.

Si tratta, pertanto, di una responsabilità diretta e personale dell’amministratore nei confronti del creditore sociale, da intendersi come conseguenza della sua ‘mala gestio’, e dunque, riveste un ruolo di disincentivo a comportamenti avventati da parte di chi gestisce l’impresa sociale.


Recenti spunti giurisprudenziali in materia di responsabilità dell’amministratore della società.


“Deve ritenersi ammissibile l’azione del creditore proposta nei confronti dell’amministratore di s.r.l., dovendosi ritenere gli atti diminutivi della garanzia patrimoniale generica realizzati in pregiudizio dei creditori, con dolo o colpa degli amministratori, quali casi di responsabilità per lesione aquiliana di diritto di credito.

Presupposti necessari e sufficienti dell’azione di responsabilità dell’amministratore proposta dal singolo creditore sono: il pregiudizio patrimoniale per il creditore; la sussistenza di una condotta illegittima da parte degli amministratori; il nesso di causalità tra la condotta illegittima e il pregiudizio; la descrizione, fin dall’atto introduttivo del giudizio, dei fatti integranti l’illegittimità della condotta (…).

Il mancato deposito del bilancio sociale, pur non essendo condizione sufficiente a far emergere la responsabilità diretta dell’amministratore per danno “immediato e diretto” nei confronti dei creditori sociali, lo diventa quando è funzionale a rendere più difficoltose le iniziative esecutive o quando è finalizzato a celare delle perdite”.

(Tribunale di Genova, Sentenza n. 3141/2013)


Ed ancora:

“Le domande proposte ai sensi degli articoli 2394 c.c. e 2043 c.c. presuppongono che all’amministratore si addebiti una condotta negligente o dolosa che abbia eroso il patrimonio sociale costituente la garanzia dei creditori.

Debbono dirsi inidonei, già in astratto, a produrre la responsabilità di cui alle disposizioni suddette l’aver contratto “debiti superiori al capitale”, non costituendo ciò attività vietata né negligente, poiché i debiti sono funzionali all’attività produttiva e trovano riscontro nei ricavi in vista dei quali sono contratti; l’aver omesso di chiedere ai soci di versare le somme necessarie al pagamento dei debiti sociali, non sussistendo in capo all’amministratore alcun obbligo siffatto, poiché solo in caso di perdite che intacchino il capitale sociale oltre il limite legale l’amministratore è tenuto a convocare l’assemblea per la ricapitalizzazione o la decisione di porre la società in liquidazione; l’aver costituito una società avente diversa natura e ragione sociale ma medesima denominazione, non costituendo ciò, in assenza di congrui riscontri offerti dalla parte attrice, manovra sicuramente distrattiva; l’aver omesso di depositare il bilancio di un esercizio posteriore al sorgere del credito ed, ancor più, alla messa in liquidazione della società debitrice”.

(Tribunale di Milano, Sentenza n. 14685/2013)


Ed inoltre:

“L’azione di responsabilità promossa ai sensi dell’art. 2394, comma 2, c.c. dai creditori sociali (o anche solo da uno di essi in rappresentanza di tutti) nei confronti degli amministratori e/o dei sindaci prescinde dal mancato pagamento di un determinato credito e dall’escussione infruttuosa del patrimonio sociale e presuppone, invece, la dimostrazione che – in conseguenza dell’inadempimento delle obbligazioni ex artt. 2476, comma 1, e 2486 c.c. (incombenti anche sugli organi sociali di una società cooperativa ex art. 2519, comma 2, c.c.) – si sia perduta la garanzia patrimoniale generica e, cioè, che, per l’eccedenza delle passività sulle attività, il patrimonio sociale sia divenuto insufficiente a soddisfare le ragioni del ceto creditorio, situazione non necessariamente coincidente con lo stato di insolvenza o con la perdita integrale del capitale sociale”.

(Cassazione Civ., Sez. III, n. 28613/2019)


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