DPCM e Coronavirus: problemi di incostituzionalità.

Quella contro il coronavirus è stata definita da più fonti come una guerra. Tuttavia, la pandemia non è una guerra.

di Avv. Manuel Costa

Si sono creati molti dubbi attorno alla presunta (in)costituzionalità dei Dpcm (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) sul coronavirus emanati dal Premier Giuseppe Conte che, di fatto, hanno ridimensionato le libertà fondamentali costituzionalmente garantite.

Sebbene vi siano diverse analogie tra una pandemia ed una guerra (si pensi al numero dei morti, la scarsità dei servizi e la brusca interruzione della routine quotidiana e, da ultimo – ma non per importanza – il crollo macroscopico dell’economia globale), una pandemia non è una guerra.

Ed infatti, nella situazione “pandemica” in cui versiamo, non vi sono schieramenti ed esercizi nazionali contrapposti bensì un solo unico nemico (invisibile) globale.

Sostanzialmente, le Nazioni vivono tutte la stessa situazione.

Dunque, perché emanare lo stato d’emergenza e limitare le libertà fondamentali? Facciamo un passo indietro.

La delibera del 31.1.2020 è nata a seguito delle dichiarazioni dell’OMS e dei primi due casi riscontrati in Italia.

Di fatto, lo stato di emergenza è previsto dalla L. 225 del 24 febbraio del 1992 (legge istitutiva del Servizio Nazionale della Protezione Civile) la quale prevede che venga emanata tale delibera da parte del Governo in casi del tutto eccezionali.

La norma prevede che “Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi”.

Dunque, quali sono le condizioni previste dalla legge affinché possa essere emanata tale delibera?

Esso sono: “Calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari”.

Sostanzialmente possiamo affermare con una certa tranquillità che il diritto alla salute prevale su libertà di circolare e spostarsi liberamente.

Volgendo lo sguardo ai fatti che qui ci riguardano (ossia l’emergenza Coronavirus) appare pacifico, dunque, come il capo del governo sia stato autorizzato tramite un decreto legge – recante disposizioni limitative della libertà personale ed autorizzative circa l’adozione di ogni misura di contenimento adeguata e proporzionata all’evoluzione del virus – ad attuare tutte le misure necessaire, volte a contrastare la diffusione del coronavirus.


DPCM CONTE: SONO INCOSTITUZIONALI?

LA PANDEMIA NON E’ UNA GUERRA


Abbiamo appena detto che l’adozione delle misure restrittive della libertà personale (di circolazione) sia stata ordinata in virtù della salvaguardia della salute sia individuale che pubblica.

Dove si rinviene, dunque, il possibile profilo di incostituzionalità dei vari Dpcm emanati dal premier Conte?

A tal riguardo appare opportuno menzionare quanto rilasciato alla testata giornalistica “il Dubbio” dal professore e giudice emerito della Corte Costituzionale Sabino Cassese:

Nell’interpretazione della Costituzione non si può giocare con le parole. Una pandemia non è una guerra. Non si può quindi ricorrere all’articolo 78. La Costituzione è chiara. La profilassi internazionale spetta esclusivamente allo Stato ( art. 117, II comma, lettera q).

Lo Stato agisce con leggi che possono delegare al governo compiti e definirne i poteri. La Corte costituzionale, con un’abbondante giurisprudenza, ha definito i modi di esercizio del potere di ordinanza contingibile e urgente, cioè per eventi non prevedibili e che richiedono interventi immediati.

Le definizioni della Corte sono state rispettate a metà. 

Il primo decreto legge era “fuori legge”. Poi è stato corretto il tiro, con il secondo decreto legge, che smentiva il primo, abrogandolo quasi interamente. Questa non è responsabilità della politica, ma di chi è incaricato degli affari giuridici e legislativi. C’è taluno che ha persino dubitato che abbiano fatto studi di giurisprudenza”.

Ed inoltre, aggiunge il professore Cassese: “[…] il primo decreto legge era illegittimo: non fissava un termine; non tipizzava poteri, perché conteneva una elencazione esemplificativa, così consentendo l’adozione di atti innominati; non stabiliva le modalità di esercizio dei poteri. 

A Palazzo Chigi c’è un professore di diritto: avrebbe dovuto bocciare chi gli portava alla firma un provvedimento di quel tipo. Poi si è rimediato. Ma continua la serie di norme incomprensibili, scritte male, contraddittorie, piene di rinvii ad altre norme. Non c’è fretta che spieghi questo pessimo andamento, tutto imputabile agli uffici di Palazzo Chigi incaricati dell’attività normativa”.


ABUSO DI POTERE


Sembrerebbe, dunque, che il governo non abbia rispettato il dettato costituzionale, in considerazione del fatto che abbia conferito il potere di limitare le libertà costituzionali con atti amministrativi (ovverosia con il Dpcm – Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) per il tramite di un decreto-legge piuttosto che con un atto legislativo parlamentare.

Lo stesso Cassese ha fermamente asserito come vi sia stato un abuso “dei decreti del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm)” piuttosto che “ricorrere, almeno per quelli più importanti, a decreti presidenziali. 

Aggiungo che, per la legge del 1978 sul Servizio Sanitario Nazionale, competente a emanare più della metà di quegli atti era il ministro della Salute.

Abbiamo, quindi, assistito, da un lato, alla centralizzazione di un potere che era del ministro, nelle mani del presidente del Consiglio.

Dall’altro, a una sottrazione di un potere che sarebbe stato ben più autorevole, se esercitato con atti presidenziali. È forse eccessivo parlare di usurpazione dei poteri, ma ci si è avvicinati“.


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