Nella materia dei contratti pubblici particolarmente delicato è il tema dei requisiti tesi a verificare ed assicurare l’affidabilità complessivamente considerata dei soggetti con i quali l’Amministrazione intende giungere alla conclusione del contratto.
di Avv. Fausto Gaspari
Indice
Tra le altre disposizioni che rispondono a questa ratio, particolari criticità derivano dall’applicazione dell’articolo 80 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), che fornisce la cornice normativa delle cause di esclusione dei concorrenti nelle gare per l’affidamento di contratti pubblici.
La sussistenza di tali cause viene valutata dalla stazione appaltante alla luce delle dichiarazioni rese dall’operatore economico nella domanda di partecipazione alla gara. Ebbene, non è sempre semplice comprendere quali circostanze debbano essere oggetto di dichiarazione in sede di partecipazione alla gara.
Tali difficoltà, in particolare, risiedono nel fatto che, innanzitutto, l’indeterminatezza e la flessibilità delle pertinenti disposizioni finiscono per rendere non del tutto chiara, a monte, la definizione, delle varie cause di esclusione. Si è già detto, su questo portale, delle difficoltà ricostruttive legate al concetto delle violazioni fiscali e contributive (di cui al comma 4 dell’art. 80 del Codice dei contratti pubblici). Difficoltà ancora maggiori discendono dal concetto di “grave illecito professionale”, concetto all’interno del quale la più recente giurisprudenza sembra ricondurre qualunque condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, che si riveli contraria ad un dovere posto da una norma giuridica, sia essa di natura civile, penale o amministrativa.
Così, in giurisprudenza spesso si rinviene la regola secondo cui l’operatore economico, al fine di consentire alla stazione appaltante di svolgere un’adeguata e ponderata valutazione sull’affidabilità e sull’integrità del concorrente, è chiamato a dichiarare “qualunque circostanza che possa ragionevolmente avere influenza sul processo valutativo demandato all’amministrazione” (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 14 gennaio 2020, n. 168; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 31 gennaio 2020, n. 469), comprese, in particolare, le svariate ipotesi riconducibili nell’incerto concetto di “grave illecito professionale”.
Difficoltà di questo tipo, ad esempio, conseguono al caso in cui un rappresentante della società concorrente, a conclusione di indagini relative a fattispecie di rilevanza penale, sia stato rinviato a giudizio. Il rinvio a giudizio, o ancor prima il procedimento penale che vede coinvolto il rappresentante della società deve essere oggetto di dichiarazione? O è solamente la sentenza che accerti la responsabilità penale del soggetto a rilevare quale causa di esclusione?
La disciplina della rilevanza, ai fini della partecipazione a pubbliche gare, delle condotte criminose
Per fornire risposta al predetto interrogativo, è necessario descrivere sinteticamente le pertinenti disposizioni. Le condotte penalmente rilevanti, invero, assumono rilievo per il codice dei contratti pubblici sotto un duplice profilo.
Anzitutto, il comma 1 dell’art. 80 prevede l’esclusione automatica in caso di determinati provvedimenti penali per taluni reati specificamente e tassativamente indicati nello stesso comma. In queste ipotesi l’attività della stazione appaltante è vincolata, nel senso che quest’ultima non è chiamata a compiere alcuna autonoma valutazione circa l’affidabilità del concorrente, dovendo senz’altro procedere, in presenza del presupposto previsto dalla norma, all’esclusione (in tal senso, appunto, automatica) dell’operatore economico.
L’esclusione automatica, tuttavia, opera solamente nel momento in cui la condanna per uno dei reati rientranti nell’elenco di cui all’art. 80, co. 1 sia contenuta in una sentenza definitiva (anche a seguito di patteggiamento) o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile. La sanzione dell’esclusione automatica, pertanto, non opera in presenza di un rinvio a giudizio disposto per uno dei reati elencati all’art. 80, co. 1.
Quanto alle condanne penali in precedenza riportate dall’operatore economico, però, la giurisprudenza tende a distinguere reati “minori” (ossia, non riconducibili nelle ipotesi tassative del comma 1 dell’art. 80), che vengono ritenuti espressione di “grave illecito professionale” (di cui al comma 5 dell’art. 80), inteso come condotta legata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un obbligo giuridico di carattere civile, penale ed amministrativo.
Diversamente da quanto accade, come si è detto, per la causa di esclusione automatica discendente dalla condanna definitiva per uno dei reati riportati nell’art. 80, co. 1, l’ipotesi di esclusione per “grave illecito professionale” richiede che la sussistenza del presupposto dell’esclusione debba essere valutato dalla stazione appaltante nell’esercizio della propria discrezionalità.
L’obbligo di dichiarare in gara il rinvio a giudizio
Posto che fino a quando non sia intervenuta una condanna definitiva per uno dei reati tassativamente menzionati dal codice non opera la causa di esclusione automatica dalla gara, tuttavia, occorre chiedersi se il rinvio a giudizio, tanto per reati ricompresi tra quelli elencati all’art. 80, co. 1 del d.lgs. 50/2016 quanto per quelli non rientranti in tale elenco, sia in grado di rilevare quale “grave illecito professionale” (integrando, così, una causa di esclusione dalla gara) e si profili, dunque, un corrispondente obbligo dichiarativo.
Anzitutto, sotto il profilo soggettivo, occorre chiarire che, ai fini della partecipazione degli operatori economici, assumono rilievo le condotte poste in essere dai soggetti che ricoprono una delle cariche ricomprese tra quelle di cui all’art. 80, co. 3 del d.lgs. 50/2016 (a seconda della tipologia di società, il titolare, il direttore tecnico, il socio, i membri del cda cui sia stata conferita la legale rappresentanza, ecc.).
Sotto il profilo oggettivo, poi, è il caso di sottolineare ulteriormente che, a prescindere dallo stato processuale in cui si trovi la condotta penale, la fattispecie è idonea ad essere discrezionalmente valutata quale “grave illecito professionale” dalla stazione appaltante, con conseguente necessità, per una parte della giurisprudenza, di dichiarare il fatto in sede di partecipazione alla gara, vuoi per i reati per cui, in caso di condanna definitiva, discenderebbe l’esclusione automatica, vuoi per i reati riconducibili nell’ampio concetto di “grave illecito professionale”.
Tali conclusioni si ritrovano nella giurisprudenza che ha affrontato il tema dell’obbligo dichiarativo a carico dei partecipanti alla gara in ordine all’ipotesi di rinvio a giudizio nei confronti di amministratori e legali rappresentanti delle società che intendono partecipare alla gara.
Sul punto, per un orientamento giurisprudenziale, l’eventuale rinvio a giudizio dell’amministratore di un operatore economico, nonché l’applicazione di una misura cautelare per i medesimi reati, non costituirebbero adeguati mezzi di prova della commissione di un grave illecito professionale, che comporterebbe l’esclusione dalla gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del codice, con la conseguenza che la loro omessa dichiarazione non configurerebbe una causa di esclusione dell’operatore (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 7 febbraio 2019, n. 258)
Risulta prevalente, tuttavia, un opposto orientamento, in base al quale il rinvio a giudizio per fatti di grave rilevanza penale a carico del legale rappresentante della società interessata, ancorché non espressamente contemplato quale causa di esclusione dalle norme che regolano l’aggiudicazione degli appalti pubblici, può astrattamente incidere sulla moralità professionale dell’impresa (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 febbraio 2019, n. 1367; T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 3 giugno 2020, n. 632; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II-quater, 4 agosto 2020, n. 8978; T.A.R. Veneto, Venezia, sez. I, 13 gennaio 2020, n. 39; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 16 maggio 2019, n. 1120).
Segnatamente, è stato altresì precisato che, sussistendo l’obbligo di dichiarare tutti i fatti rilevanti ai fini della moralità professionale delle imprese partecipanti, il concorrente non può non essere tenuto a dichiarare anche i rinvii a giudizio, anche se non espressamente contemplati quali cause di esclusione dalle norme che regolano la aggiudicazione degli appalti pubblici (cfr. T.A.R. Toscana, Firenze, sez. I, 7 febbraio 2020, n. 180; T.A.R. Piemonte, Torino, sez. I, 23 agosto 2019, n. 959; Cons. Stato, sez. V, 23 dicembre 2019, n. 8711) e che “non occorre un giudicato sulla vicenda addebitata al concorrente per poterne trarre ragioni di inaffidabilità o non integrità giustificanti la sua esclusione” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2021, n. 307), sebbene sia stato chiarito che, in questi casi “è necessario che l’amministrazione individui con precisione quali siano le condotte esecutive rilevanti che hanno integrato gli estremi del grave errore professionale e determinato la interruzione del rapporto fiduciario” (Cons. Stato, sez. VI, 2 gennaio 2017, n. 1).
Tale obbligo dichiarativo, poi, non si arresta al momento della presentazione della domanda, ma ricomprende l’onere di aggiornare la stazione appaltante su eventuali sviluppi della vicenda dichiarata (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 dicembre 2020, n. 8299, secondo cui “sussiste in capo ai concorrenti di una procedura di gara l’onere di comunicare alla stazione appaltante, nel corso della gara, tutte le vicende, anche sopravvenute, attinenti lo svolgimento della propria attività professionale al fine di consentire di valutare l’eventuale incidenza di tali precedenti sulla reale affidabilità, morale e professionale, dei concorrenti”; in tal senso, anche Cons. Stato, sez. V, 16 dicembre 2019, n. 8514, e le pronunce ivi richiamate).
Le conseguenze della mancata dichiarazione
Quanto alle conseguenze della mancata dichiarazione del fatto, per la recente giurisprudenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (cfr. sentenza del 28 agosto 2020, n. 16), dall’omissione dichiarativa (come pure per le fattispecie relative alle “informazioni false o fuorvianti”) non potrebbe discendere l’esclusione automatica dalla gara, con la conseguenza che la stazione appaltante è sempre tenuta a svolgere la valutazione di integrità e affidabilità del concorrente, senza che possa trovare applicazione alcun automatismo espulsivo. In questo senso si è attestata la prevalente giurisprudenza successiva alla Plenaria (cfr., in tema di omissione dichiarativa di un rinvio a giudizio T.A.R. Lazio, Roma, sez. II-quater, 9 dicembre 2020, n. 13237).
Se è vero che per la citata giurisprudenza della Plenaria l’eventuale contestazione di un’omissione dichiarativa non potrebbe dar automaticamente vita all’espulsione del concorrente, però, è altrettanto vero che il non aver dichiarato l’intervenuto rinvio a giudizio per reati astrattamente rilevanti come illecito professionale i) potrebbe dar vita a contenziosi che, anche a seguito della richiamata Plenaria n. 16/2020, potrebbero concludersi con l’annullamento dell’aggiudicazione disposta in favore del concorrente che si sia reso responsabile di un’omissione dichiarativa (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 dicembre 2020, n. 7685); ii) potrebbe essere negativamente giudicato dalla stazione appaltante nell’ambito della valutazione che la stessa è chiamata a svolgere in ordine all’affidabilità ed integrità professionale del concorrente. Con riferimento a tale ultimo aspetto, in particolare, si veda la recente sentenza, relativa proprio all’omessa dichiarazione di un rinvio a giudizio, nella quale il Consiglio di Stato ha affermato che “i fatti taciuti e sopra rimarcati costituiscono elementi teoricamente idonei a confluire nella nozione di “grave illecito professionale” e, in ragione di ciò, essi devono essere portati a conoscenza dell’amministrazione aggiudicatrice, alla quale sola spetta una loro valutazione di rilevanza ai fini di un’eventuale esclusione dell’impresa partecipante alla gara (e, al contempo, una valutazione circa il peso assunto dall’omissione dichiarativa di tali fatti)” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 31 dicembre 2020, n. 8563; da ultimo, riguardo alla valutazione che l’amministrazione è chiamata a svolgere sulle condotte di rilevanza penale del concorrente cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2021, n. 307, secondo cui “Ai fini della valutazione dell’affidabilità e integrità dell’impresa il giudizio dell’amministrazione non può che investire il fatto in sé, in tutti i suoi profili sostanziali, e non la sola valutazione e il trattamento datogli in sede penale; ciò vale quando del fatto l’amministrazione sia venuta a conoscenza in ragione della vicenda penale, e in specie per l’omessa o inadeguata comunicazione di questa, con la conseguente necessità che la stazione appaltante effettui la valutazione delle circostanze omesse: anche in un tale caso, gli atti del procedimento penale rimangono il veicolo attraverso il quale l’amministrazione ha avuto conoscenza del fatto; è dunque sul pregresso fatto, nel suo effettivo portato sostanziale e storico, che la stazione appaltante è tenuta ad esprimersi, dovendo apprezzarlo compiutamente in una alla condotta reticente tenuta dall’operatore, senza arrestarsi alla attribuita qualificazione in sede penale e alle sue inerenti conseguenze”).
Tanto chiarito, alla luce della più recente giurisprudenza, in ordine alle conseguenze dell’eventuale rilievo dell’omessa dichiarazione, occorre, infine, precisare che dalla più volte citata sentenza dell’Adunanza Plenaria non possono trarsi indicazioni che permettano di escludere che il rinvio a giudizio non debba essere oggetto di dichiarazione; al contrario, la stessa si è limitata ad evidenziare che “deve darsi atto che è consolidato presso la giurisprudenza il convincimento secondo cui l’art. 80, comma 5, lett. c) [ora lett. c-bis)], è una norma di chiusura in grado di comprendere tutti i fatti anche non predeterminabili ex ante, ma in concreto comunque incidenti in modo negativo sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico”, con la conseguenza che (come di recente affermato da Cons. Stato, sez. IV, 31 dicembre 2020, n. 8563) continua a trovare applicazione quella giurisprudenza per cui “Il concorrente è […] tenuto a segnalare tutti i fatti della propria vita professionale potenzialmente rilevanti per il giudizio della stazione appaltante in ordine alla sua affidabilità quale futuro contraente, a prescindere da considerazioni su fondatezza, gravità e pertinenza di tali episodi” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 dicembre 2017 n. 5811; Cons. Stato, sez. IV, 8 ottobre 2020 n. 5967; sez. V, 12 marzo 2019, n. 1649; sez. V, 24 settembre 2018, n. 5500; sez. V 5 febbraio 2018 n. 722; sez. V 17 aprile 2017 n. 3505; sez. V 4 dicembre 2017 n. 5704).
Conclusioni
Pertanto, sebbene – come si è avuto modo di esporre – il tema in giurisprudenza sia controverso, per non incorrere nelle conseguenze pregiudizievoli alla partecipazione alla gara dell’operatore economico, sembra che il concorrente sia tenuto a fornire un’ampia dichiarazione relativa alle condotte penali che riguardano soggetti che rivestono cariche di rilievo, per il codice, all’interno della società, rendendo edotta la stazione appaltante dell’eventuale coinvolgimento degli stessi nell’ambito di procedimenti e processi penali.
Desideri una consulenza o supporto legale? Scrivi alla nostra segreteria, ti contatteremo per approfondire la tematica e formulare il nostro miglior preventivo.
Condividi:
- Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su Telegram (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per inviare un link a un amico via e-mail (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per stampare (Si apre in una nuova finestra)