L’attuale crisi pandemica ha certamente imposto una repentina e improvvisa accelerazione al processo di digitalizzazione di qualsivoglia servizio, in ispecie pubblico, in un’ottica di ripensamento generale del sistema amministrativo nazionale, il cui scopo è rendere la sua struttura e il suo “modus operandi” più celere, tecnologicamente avanzato e soprattutto efficiente, di modo da soddisfare senza esitazioni le esigenze e i bisogni dei cittadini.
di Federico Muzzati
Indice
Il raggiungimento di questi ambiziosi – ma quanto mai – necessari obiettivi non è di certo una novità e volontà recente (tutt’altro), ma il momento attuale e l’erogazione di un mastodontico quantitativo di liquidità agli Stati Membri da parte dell’UE pare proprio costituire un’opportunità senza precedenti per ridisegnare “ab imis” la Pubblica Amministrazione e il suo agire, a partire dalle modalità con cui questa si interfaccia con gli utenti e acquisisce prodotti e servizi in veste di contraente “sui generis” mediante le procedure ad evidenza pubblica normate dal Codice dei contratti pubblici.
Le ICT al servizio della Pubblica Amministrazione: premessa generale e inquadramento europeo
Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ICT (Information and Comunication Technologies) hanno profondamente ridisegnato e trasformato la società contemporanea, giungendo ad occupare oggi – e sempre più in futuro – un ruolo centrale in ogni aspetto della quotidianità.
Dunque, appare chiaro come queste rappresentino dei potenti mezzi per innovare e rendere sempre più rapidi, efficienti ed efficaci i processi e le strutture organizzative, tanto pubbliche quanto private, con ingenti risparmi di risorse umane, temporali e finanche economiche.
Per meglio comprendere di cosa si stia parlando – solitamente – con il termine ICT si suole far riferimento a tutte le soluzioni tecnologiche, infrastrutturali, software e hardware mediante il quale è possibile raccogliere, conservare, trattare e trasmettere informazioni, testuali, ovvero visive o sonore.
Se ciò si attaglia al settore amministrativo, si può correttamente parlare di E-Government (o governo elettronico), intendendo così far riferimento, anzitutto, in senso ampio e onnicomprensivo, ad un’Amministrazione digitalizzata, ossia orientata a svolgere ed estrinsecare la sua funzione e il suo operato mediante le più recenti innovazioni tecnologiche.
Da questo si può ben ricavare come sia possibile – in ispecie sul versante degli appalti e più in generale dei contratti pubblici – rendere le fasi e i processi di approvvigionamento delle Amministrazioni sempre più rapidi, efficienti, funzionali e trasparenti, aprendo quanto più possibile al principio (di stampo eurounitario) di concorrenzialità, garantendo inoltre una corretta e ottimale allocazione delle risorse pubbliche disponibili.
Le più recenti tecnologie informatiche non solo permettono di assistere le Amministrazioni durante la fase dell’acquisto, dell’aggiudicazione e della stipula, bensì anche successivamente, nello svolgimento di tutti i successivi momenti, teleologicamente e funzionalmente collegati, quali ad esempio la creazione e gestione delle banche dati, in grado di rendere pubbliche e ben conoscibili le attività svolte, oltre alle procedure di fatturazione e pagamento.
A tal proposito, la Commissione Europea ha coniato il termine “appalti elettronici”, intendendo far riferimento alla surrogazione, lungo tutta la “catena” delle procedure cartacee con metodi d’azione basati sui sistemi di comunicazione e trattamento (le summenzionate ICT).
Come ogni giovamento, anche in questo caso, l’implementazione elettronica degli appalti richiede consistenti e costanti investimenti – in tutte le varie fasi – da parte dei vari Stati Membri, in special modo durante il periodo d’avvio, ove si iniziano a trasformare da cartacee in digitali alcuni iter procedurali.
È chiaro anche però che se questo passaggio si dimostra sin da subito efficiente, è possibile ammortizzare in tempi relativamente brevi gli ingenti costi sostenuti per il loro approntamento e funzionamento[1]; ciò è dimostrato da alcune esperienze, come quella portoghese – il Portogallo nella UE è uno dei precursori delle procedure amministrative digitalizzate – ove i miglioramenti rispetto allo status quo ante e i benefici – in termini economico-temporali – si sono subito concretizzati in ingenti risparmi e in un efficienza esponenzialmente aumentata.
Questa transizione deve però avvenire – così come richiesto e voluto dall’UE – in maniera graduale e progressiva, al fine di essere realmente sostenibile ed efficace, permettendo ad ogni Paese di poter avere il tempo necessario – assecondando le proprie esigenze – per smaterializzare completamente buona parte delle procedure ad evidenza pubblica.
In conclusione, quello che sembra deleteria e dunque da evitare, è la coesistenza forzata – per un lungo periodo di tempo – di procedure svolte in maniera tradizionale – dunque cartacea – e digitale, poiché così facendo si aggraverebbero inutilmente le spese sostenute dallo Stato e dagli operatori economici.
[1] Il Presidente dell’ANAC, dinanzi alla Commissione VIII della Camera ha ricordato come, se le sole fasi di gara fossero pienamente digitalizzate, il risparmio a livello europeo sarebbe di ben 200 miliardi di euro annui.
Un tentativo ambizioso di razionalizzazione sistemica: il Decreto Semplificazioni
Il c.d. D.L. Semplificazioni (Decreto- Legge 31.05.2021, n. 77, convertito con modificazioni dalla legge 108 del 29 luglio 2021) reca la seguente dicitura identificativa “Governance del Piano Nazionale di Rilancio e Resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure” e si compone di un pacchetto normativo di sessantotto articoli, il cui scopo precipuo è quello di rafforzare la capacità amministrativa delle stazioni appaltanti e del “centro”, fungendo da motore e spinta propulsiva per l’attuazione degli obiettivi del PNRR (ossia rendere l’Amministrazione sempre più efficace nel suo agire, veloce, rapida, efficiente, il tutto grazie all’utilizzo delle più recenti tecnologie informatiche).
In altre parole, con questo atto normativo ci si prefigge sì di potenziare quanto più la capacità amministrativa delle stazioni appaltanti, in particolare quella in capo al Governo centrale, al fine di assicurare la piena realizzazione dei progetti contenuti nel PNRR, istituendo – di fatto – una nuova governance che sia dotata di necessari poteri speciali, per gestire, in deroga alle normative sulle procedure ad evidenza pubblica, contratti pubblici, procedimenti amministrativi, dati pubblici e molto altro ancora.
Per poter fare tutto ciò, in una situazione emergenziale – non più solo sanitaria, bensì correlata alla necessità di gestire e raggiungere gli scopi del PNRR – appare evidente come le ordinarie procedure e principi giuridici debbano cedere il posto, in deroga – momentaneamente – a procedimenti e strutture gestionali che possano operare efficacemente e soprattutto celermente, assumendo decisioni alquanto complesse e nevralgiche per il futuro del Paese.
All’uopo, il più volte sopracitato Decreto Semplificazioni ha istituito una struttura amministrativa dotata di poteri e competenze eccezionali, al cui centro si collocano organi squisitamente tecnici (la c.d. Segreteria Tecnica) – e non politici – la cui scadenza risulta essere addirittura superiore a quella dell’esecutivo che li ha creati, protraendosi sino al termine ultimo in cui deve essere completato quanto previsto nel PNRR, ossia il 31 dicembre 2026.
Ad esempio, a testimonianza del fondamentale ruolo svolto dall’anzidetto organismo – il cui compito principale è quello di supportare le attività della Cabina di regia (ideata al fine di coordinare gli indirizzi di cui al PNRR) – non si può non citare la possibilità di segnalare al Presidente del Consiglio dei Ministri qualsivoglia dissenso, diniego ovvero opposizione proveniente da altri organi dello Stato, potenzialmente in grado di precludere o ritardare l’inveramento di un intervento di cui al PNRR, potendo altresì proporre le conseguenti determinazioni, sino all’adozione dei necessari interventi, i quali possono essere svolti finanche con l’esercizio dei relativi poteri sostitutivi.
Insomma, si può affermare come la ratio generale del Decreto Semplificazioni sia quella di non ostacolare in alcun modo il raggiungimento concreto dei progetti del PNRR, ed è proprio in tale ottica “finalistica”, ove la sostanza deve prevalere sulla forma e sugli iter procedurali che trovano luogo e giustificazione le numerose e notevoli deroghe rispetto ad alcuni atti normativi “cardinali” del diritto amministrativo, quali la legge sul procedimento amministrativo (l. 241/1990), il Codice dei contratti pubblici (D.lgs. 50/2016) e le recenti innovazioni apportate al c.d. CAD, il Codice dell’amministrazione digitale (D.lgs. 82/2005).
Proprio in relazione a quest’ultimo, al cui interno dovrebbero essere inseriti e sapientemente regolamentati i più recenti e innovati strumenti tecnologici, non solo per dar corso alle procedure ad evidenza pubblica in maniera efficiente, rapida ed efficace, ma anche per rendere l’Amministrazione – in generale – sempre più moderna e al passo con le esigenze quotidiane, è tristemente noto come le modifiche stratificatesi negli ultimi anni, lo abbiano reso un coacervo di disposizioni normative, un inestricabile ginepraio privo di visione sistemica e “in balia” dei necessari e sottostanti decreti attuativi e linee guida che spesso non vedono nemmeno la luce, rendendolo ormai privo di ogni significato.
Brevi riflessioni finali
Appare opportuno svolgere alcune sintetiche riflessioni su ciò che di positivo è contenuto nel Decreto Semplificazioni, ma anche, per converso, sulle questioni ancora aperte e irrisolte, e sull’attuale stato in cui si trova il complesso e graduale processo di digitalizzazione dell’Amministrazione.
Come si è potuto notare nel precedente paragrafo, gli interventi meritori e degni di nota sono molteplici, quali a titolo esemplificativo i già citati poteri sostitutivi esercitabili dallo Stato nei confronti degli enti territoriali inerti, non in grado di compiere i progetti contenuti nel Piano, nei tempi e nei modi ivi cogentemente previsti.
Tralasciando eventuali e futuri giudizi della Corte costituzionale in merito al contenuto, all’esercizio e alla legittimità di questi poteri, è chiaro come il messaggio lanciato e contenuto in tutto il Decreto sia chiaro, non si può in alcun modo perdere questa sfida, pena la sopravvivenza del Paese, e accumulare ritardi in questo momento sarebbe davvero un imperdonabile peccato mortale, le cui conseguenze sarebbero devastanti e perenni.
Ma è bene segnalare anche alcune potenziali criticità del provvedimento normativo in commento, specie per ciò che riguarda e concerne la tecnica redazionale e il linguaggio utilizzato, spesso poco chiaro, complesso e foriero di non poche incertezze sul piano giuridico.
Ciò però può essere facilmente spiegato dal contesto emergenziale in cui il Decreto ha visto la luce e si è dovuto inserire, anche se questo avrebbe potuto essere sfruttato come punto di svolta, specialmente culturale, per redigere testi normativi meno ossessivamente attenti solo al dettaglio, ricorrendo anche all’abrogazione di molti atti del tutto non necessari e obsoleti.
Seppur la direzione intrapresa sembra essere quella giusta – al di là di quanto poc’anzi evidenziato in merito allo stile – resta aperta però una questione di vitale importanza per la concretizzazione di ciò che è contenuto nel PNRR, ossia il destino, il ruolo e il futuro dell’attuale Codice degli appalti.
Bisognerà svolgere un’attenta e approfondita valutazione su di esso e sulla sua funzione, in quanto ad oggi risulta un ircocervo normativo ove risulta praticamente del tutto impossibile districarsi e addentrarsi nei suoi meandri, comprendendo se le circoscritte deroghe previste dal Decreto Semplificazioni siano sufficienti a divincolarsi dalle sue rigide e miopi procedure, ovvero se sia il caso di abrogarlo definitivamente.
Infine, per ciò che riguarda il progressivo e graduale procedimento di digitalizzazione dell’Amministrazione, certamente anche sotto questo punto di vista – e grazie all’evento pandemico – gli interventi in questo senso sono stati molteplici e degni di nota e di menzione (basti pensare all’identità digitale, c.d. SPID o all’App Io ove si trova accesso a svariati servizi resi dall’Amministrazione), ma il percorso per il raggiungimento degli obiettivi imposti – non solo a livello europeo – ma dal progredire della società e dei suoi sottostanti bisogni, risulta essere ancora lungo e tortuoso.
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