Il TAR Campania, Salerno, Sez. Seconda, con la Sentenza n. 2896 del 2 novembre 2022, nel rappresentare ed analizzare il contrasto giurisprudenziale attualmente corrente in ordine all’estensione dell’applicazione – o meno – dell’istituto del silenzio assenso ex art. 17 bis della L. 241/90 ai procedimenti che debbano tener conto della tutela di interessi sensibili quali, per quel che rileva, quelli ambientali/paesaggistici e culturali, ha aderito all’orientamento contrario all’applicabilità di tale istituto in siffatte fattispecie, con specifico riferimento al mancato o tardivo rilascio del parere paesaggistico da parte della Soprintendenza.
di Avv. Manuel Costa
La vicenda fattuale
Nella vicenda in esame, la ricorrente agiva in giudizio al fine di ottenere:
- l’annullamento con il quale il Comune, ritenendo erroneamente vincolante il parere reso dalla Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio, ha respinto l’istanza di autorizzazione paesaggistica depositata dalla medesima ricorrente ai fini della realizzazione di un “intervento di ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione ed ampliamento volumetrico del 35%”;
- l’annullamento del provvedimento con il quale la Soprintendenza delle Province di Salerno ed Avellino ha (“tardivamente”) espresso parere contrario;
- la nota recante la comunicazione dei motivi ostativi alla realizzazione degli interventi in oggetto.
Il Collegio, visti gli atti di causa, ha deciso con sentenza in forma semplificata.
Come si vedrà nel paragrafo che segue, la vicenda verte nell’ambito della corretta identificazione ed applicazione dell’istituto del silenzio assenso, ex art. 17 bis della L. 241/90 sul procedimento amministrativo in quanto, come sopra rappresentato, la ricorrente ha lamentato la tardività della comunicazione del parere della Soprintendenza e, dunque, reclamato la conseguente cristallizzazione del cd. “silenzio assenso” in proprio favore.
Il giudicato del TAR
Il Collegio muove la propria analisi a partire dalla constatazione, in primis, dell’effettiva tardività dell’emissione del parere della Soprintendenza, reso “ben dopo il decorso dei 45 giorni previsti dall’art. 146, comma 8, del D.lgs. n. 42/2004”.
Pertanto, come sopra anticipato, la ricorrente ha ritenuto come da tale ritardo ne sia conseguita la formazione del silenzio assenso, di cui all’art. 17-bis della legge n. 241/1990.
Il Collegio, dunque, ha rilevato come “in merito all’applicabilità della norma testé indicata alla fattispecie regolata dall’art. 146 del D.lgs. n. 42/2004 sussiste un articolato contrasto nella giurisprudenza amministrativa, laddove sono riscontrabili due, se non addirittura tre orientamenti”.
È stato rilevato, preliminarmente, come la portata normativa di cui all’art. 17 bis trovi applicazione unicamente nella fattispecie dei procedimenti c.d. “orizzontali”, con fase decisoria pluristrutturata, ovverosia quei procedimenti in cui vi siano almeno due amministrazioni (una titolare del procedimento e una interpellata) che condividano la funzione decisoria, nel senso che entrambe devono essere titolari di un potere decisorio sostanziale.
Diversamente, evidenzia il Collegio, nel caso “in cui un’amministrazione detenga un ruolo meramente formale, nel senso che raccoglie e trasmette l’istanza all’altra amministrazione, unica decidente, la decisione risulta mono-strutturata ed il beneficiario del provvedimento va individuato nel solo soggetto privato (procedimento c.d. “orizzontale”)”.
Pertanto:
- con riferimento all’orientamento “negativo” e, dunque, contrario alla formazione del silenzio assenso in materia di autorizzazione paesaggistica, è stato evidenziato come tale indirizzo consideri il parere in oggetto alla stregua di un provvedimento mono-strutturato, essendo il relativo procedimento attivato ad istanza della parte privata interessata e non della P.A. procedente. Invero, “il rapporto tra Regione/Ente locale e Soprintendenza è dunque meramente interno, ossia finalizzato a co-gestire non la fase decisoria, ma quella istruttoria”.
Altresì, è stato ribadito come tale tipologia di parere sia un “atto strettamente espressivo di discrezionalità tecnica”, in cui il giudizio di compatibilità paesaggistica “deve essere … tecnico e proprio del caso concreto”, circostanza da cui ne consegue che:
- il parere reso tardivamente non è inefficace;
- esso “non vincola la P.A. procedente, alla quale tocca tenerne conto, valutando motivatamente ed in concreto anche gli aspetti paesaggistici (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27 luglio 2020, n. 4765; idem, 29 marzo 2021, n. 2640; idem, 7 aprile 2022, n. 2584)”, ai sensi del comma 9 dell’art. 146, a mente del quale, “decorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del Soprintendente, senza che questi abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione”.
Dettato normativo, quello di cui al cennato comma 9 dell’art. 146 del D.Lgs. 42/2004, non espressamente abrogata dall’art. 17-bis della legge n. 241/1990 la quale – secondo tale orientamento giurisprudenziale – istituisce una forma di “silenzio devolutivo”, incompatibile con il silenzio assenso.
- Di segno contrario all’orientamento di cui sopra è quello “positivo” recentemente assunto dalla Sezione VI del Consiglio di Stato, con Sentenza n. 4098 del 24 maggio 2022.
Il Supremo consesso amministrativo, invero, con la menzionata decisione, ha dedotto come non vi siano ragioni di natura sostanziale per poter negare l’applicazione dell’istituto del silenzio assenso ex art. 17 bis al parere della Soprintendenza, non rilevando la circostanza per cui il procedimento “principale” sia avviato ad istanza di un privato ma, al contrario, evidenziando «che la disciplina del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, disegnata dall’art. 146 del D.lgs. 42/2004, per vari aspetti rispecchia quella del silenzio assenso ex art. 17-bis».
Tuttavia, evidenzia il Collegio, l’ostacolo all’applicazione della norma semplificatoria è costituito dalla scansione procedimentale indicata dal comma 9 dell’art. 146, secondo cui «l’amministrazione competente” (ovverosia la Regione o l’Ente all’uopo preposto al rilascio del provvedimento di autorizzazione), “provvede comunque” potendosi desumere, di talché, come l’amministrazione procedente sia tenuta ad adottare il provvedimento finale in maniera espressa, ma non necessariamente nel senso precedentemente prefigurato.
Ad ogni modo, il Consiglio osserva che «dal punto di vista pratico cambia poco rispetto alla fattispecie del silenzio assenso ex art. 17-bis, perché è evidente che il provvedimento finale, anche in tal caso, deve rispecchiare la proposta originaria trasmessa alla Soprintendenza: diversamente il provvedimento adottato risulterebbe illegittimo in quanto emesso su una proposta non precedentemente sottoposta al parere della Soprintendenza (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 5799 dell’11 dicembre 2017); l’amministrazione procedente, tuttavia, non essendosi formato un silenzio assenso da parte della Soprintendenza, potrebbe avere un ripensamento e quindi potrebbe decidere di riformulare la proposta originaria, senza perciò incorrere in un provvedimento in autotutela, non essendosi ancora formato un provvedimento definitivo».
Pertanto, l’atto finale dell’amministrazione procedente, a meno di un “ripensamento” circa la propria posizione originaria, non potrà che essere favorevole al privato, pena l’illegittimità di un diniego, che sarebbe emesso in assenza di una precedente proposta in tal senso sottoposta al parere della Soprintendenza.
- Da ultimo, il TAR rileva un terzo orientamento, di carattere positivo “senza condizioni” all’applicabilità dell’istituto del silenzio assenso al parere della Soprintendenza, che trae fondamento dalla considerazione per cui “tutti i pareri vincolanti partecipano alla formazione di un provvedimento finale pluristrutturato, in quanto la decisione dell’amministrazione procedente richiede per legge l’assenso vincolante di un’altra amministrazione. A tali pareri, si applica pertanto l’art. 17-bis della legge n. 241/1990, diversamente che ai pareri consultivi (non vincolanti), che restano assoggettati alla disciplina di cui agli artt. 16 e 17”.
Pertanto, la formulazione testuale del comma 3 dell’art. 17-bis consente di estendere il meccanismo del silenzio assenso anche ai procedimenti di competenza di amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili (inclusi i beni culturali e la salute dei cittadini) di modo che, scaduto il termine fissato dalla normativa di settore, vale la regola generale del silenzio assenso (cfr. Cons. Stato, comm. spec., 23 giugno 2016, n. 1640, reso su uno specifico quesito posto dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione; idem, sez. VI, 1 ottobre 2019, n. 6556; idem, sez. IV, 14 luglio 2020, n. 4559; idem, sez. V, 14 gennaio 2022, n. 255).
Il parere della Soprintendenza, ad ogni modo, per granitica giurisprudenza amministrativa, rappresenta l’“espressione di cogestione attiva del vincolo paesaggistico” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 21 novembre 2016, n. 4843; idem, 18 marzo 2021, n. 2358; idem, 19 marzo 2021 n. 2390), “nel quale l’apprezzamento di merito correlato alla tutela del valore paesaggistico è rimesso alla Soprintendenza” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 aprile 2021, n. 3145).
*
Ferma l’esposizione dei tre orientamenti attualmente operanti nell’ambito della giustizia amministrativa, il Collegio del TAR Campania, Salerno, con la Sentenza in esame “conformemente ad un orientamento oramai consolidato, aderisce al primo orientamento, ossia quello contrario all’applicabilità dell’art. 17-bis al parere paesaggistico”.
Di talché, continua il Collegio, “il parere impugnato, in quanto reso tardivamente, è da ritenere non già inefficace, ma semplicemente non vincolante per la P.A. procedente, alla quale spetta tenerne conto, valutando motivatamente ed in concreto anche gli aspetti paesaggistici”.
Ne consegue, dunque, che:
a) l’impugnativa del parere contrario tardivo è manifestamente inammissibile, stante la sua natura non vincolante e, quindi, meramente endoprocedimentale;
b) l’impugnativa del diniego comunale è manifestamente fondata, stante la carenza, nella motivazione dell’atto, di un’autonoma valutazione sugli aspetti paesaggistici, la quale, in mancanza di un presupposto parere vincolante, si palesa doverosa.
I principi di diritto espressi
- La portata normativa di cui all’art. 17 bis trova applicazione nella fattispecie dei procedimenti c.d. “orizzontali”, ovverosia con fase decisoria pluristrutturata. Trattasi di quei procedimenti in cui vi sono almeno due amministrazioni (una titolare del procedimento e una interpellata, che dovrà rendere il relativo parere di competenza) che condividono la funzione/potere decisorio;
- il parere reso tardivamente dalla Soprintendenza, non è da ritenersi inefficace, quanto più semplicemente non vincolante per la P.A. procedente, la quale dovrà tenerne conto, valutando motivatamente e concretamente anche gli aspetti paesaggistici ivi contemplati;
- l’impugnativa del parere contrario e tardivo reso dalla Soprintendenza è manifestamente inammissibile, stante la sua natura non vincolante (giacché documento meramente endoprocedimentale, oltre che tardivo);
- l’impugnativa del diniego comunale è manifestamente fondata in virtù della carenza, nella motivazione del provvedimento conclusivo, di un’autonoma valutazione sugli aspetti paesaggistici. L’Amministrazione procedente, in altri termini, è obbligata ad espletare un’accurata analisi sugli aspetti di natura paesaggistica tutte le volte in cui si rileva l’assenza del parere vincolante, non reso dall’Amministrazione competente, in quanto presupposto al provvedimento conclusivo del procedimento.
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