Il Consiglio di Stato, con le Sentenze n. 10349 del 24 novembre 2022 e n. 10404 del 25 novembre 2022 si è pronunciato in tema di identificazione dei requisiti soggettivi e oggettivi idonei a configurare la fattispecie di artato frazionamento ex d.m. 23 giugno 2016. In particolare, è stata sancita la non rilevanza, ai fini della configurazione della fattispecie in parola, del possesso – da parte dell’amministratore di una società – di quote minoritarie all’interno di altra società, anch’essa costruttrice di uno speculare impianto eolico localizzato in area contigua.
di Avv. Manuel Costa
La vicenda fattuale
Il Gestore dei Servizi Energetici – GSE S.p.A., nel marzo 2018, aveva respinto l’istanza con cui la Società Alfa chiedeva di essere ammesso agli incentivi di cui al d.m. 23 giugno 2016, con specifico riferimento ad un impianto eolico on-shore di nuova costruzione.
Il GSE negava l’ammissione della Società al regime incentivante sostenendo che la potenza dell’impianto indicata in fase di istanza in realtà fosse da considerarsi maggiore e, oltretutto, superiore alla soglia pari a 60 kW individuata dall’art. 4, comma 3, lett. a) del d.m. 23 giugno 2016, poiché l’impianto “doveva essere considerato congiuntamente ad un altro impianto eolico, localizzato su particelle catastali contigue e riconducibile a livello societario ad un unico produttore, per il quale pure era stata presentata domanda di accesso ai meccanismi di incentivazione”.
Invero, secondo il GSE, la Società Alfa e la Società Beta risulterebbero essere riconducibili – dal punto di vista societario – a un unico produttore, in quanto l’amministratore unico della Società Alfa detiene circa il 30% delle quote Societarie della Società Alfa.
Altresì, il GSE rilevava la coincidenza fra la particella catastale sulla quale insisteva il punto di connessione in bassa tensione dell’impianto eolico in parola e quella su cui insisteva il punto di connessione in bassa tensione dell’impianto appartenente alla Società Beta.
Per l’effetto, il GSE, ha censurato la riconducibilità ad un’unica iniziativa imprenditoriale essendo riscontrabili, unitamente agli elementi di cui sopra, “plurimi elementi indicativi di un artato frazionamento della potenza” ex artt. 5, comma 2, lett. b) e 29, comma 1, del d.m. 23 giungo 2016, identificati nei termini che seguono:
- coincidenza delle date di richiesta del titolo autorizzativo;
- coincidenza delle date dei provvedimenti di voltura;
- coincidenza delle date di inizio dei lavori;
- coincidenza delle date di entrata in esercizio.
Di talché, la Società Alfa impugnava il provvedimento dinanzi al Tar del Lazio che, a sua volta, rigettava le doglianze ed eccezioni ivi sollevate in virtù delle seguenti rilevazioni.
– assenza di contestazione circa il presupposto oggettivo dell’artato frazionamento in quanto “come riferito nel provvedimento di diniego degli incentivi, i due impianti eolici si trovano situati sulla medesima particella catastale, in cui insistono entrambi i punti di connessione in bassa tensione; questa affermazione non è stata specificamente contestata dalla ricorrente in nessuno dei suoi atti difensivi ammessi nella presente causa (in nessun punto del ricorso introduttivo, invero, si parla dell’ubicazione dei due impianti, sorvolandosi pertanto, sulla questione se essi si trovino situati nella medesima, ovvero su diverse, particelle catastali”;
– altresì, con riferimento all’elemento soggettivo, il Collegio ha ritenuto che il GSE avesse dedotto la sussistenza di un’unica iniziativa imprenditoriale in virtù di un “sostanziale collegamento” fra le due Società, ricavabile dall’analisi di elementi di natura soggettiva e oggettiva già enucleati dal GSE nel provvedimento di diniego.
Avverso tale sentenza, dunque, la Società Alfa proponeva appello dinanzi al Consiglio di Stato.
Il giudicato del Consiglio di Stato
Il Collegio ha ritenuto l’appello fondato, evidenziando l’insussistenza degli elementi soggettivi ed oggettivi posti a fondamento “della supposta unicità dell’intervento imprenditoriale”.
È stato rilevato che, ai sensi dell’art. 5, comma 2, del d.m. 23.6.2016 “fermo restando l’articolo 29, ai fini della determinazione della potenza dell’impianto, ivi incluso il valore di soglia di cui al 11 comma 1, si considera quanto segue: a) la potenza di un impianto è costituita dalla somma delle potenze degli impianti, alimentati dalla stessa fonte, a monte di un unico punto di connessione alla rete elettrica; per gli impianti idroelettrici si considera unico impianto l’impianto realizzato a seguito di specifica concessione di derivazione d’acqua, a prescindere dalla condivisione con altri impianti dello stesso punto di connessione; b) più impianti alimentati dalla stessa fonte, nella disponibilità del medesimo produttore o riconducibili, a livello societario, a un unico produttore e localizzati nella medesima particella catastale o su particelle catastali contigue si intendono come unico impianto, di potenza cumulativa pari alla somma dei singoli impianti”.
A mente del Collegio, dunque, per integrare la fattispecie di cui alla succitata lettera b) della norma, occorre che vi sia la presenza sia dei presupposti soggettivi che oggettivi.
Nella fattispecie in oggetto, per quanto di interesse, il GSE avrebbe desunto la sussistenza del collegamento societario tra la Società Alfa e la Società Beta sulla scorta di meri elementi indiziari i quali, a suo dire, integrerebbero la fattispecie di cui all’art. 5, comma 2, lett. b) sopra menzionata.
Tuttavia, in accoglimento delle eccezioni sollevate dalla Società appellante, il Consiglio di Stato ha rilevato che “il provvedimento impugnato risulta insufficientemente motivato, in quanto basato sull’addotto intreccio di una quota societaria di minoranza in una delle imprese e l’amministrazione dell’altra impresa”.
Invero, “l’onere della prova del collegamento tra imprese ricade sulla parte che ne affermi l’esistenza, e la dimostrazione deve necessariamente fondarsi su elementi di fatto univoci, non suscettibili cioè di letture alternative o dubbie, desumibili dalla struttura imprenditoriale dei soggetti coinvolti (ossia dal loro assetto interno, personale o societario”.
Ed infatti, afferma il Supremo consesso amministrativo, “la circostanza che l’amministratore di una impresa possieda una partecipazione minoritaria nel capitale sociale di altra impresa costituisce indizio che non possiede quei requisiti di gravità, precisione e concordanza imprescindibili ai fini della rilevanza probatoria di cui si è detto. Tra l’altro, non risulta e non viene nemmeno dedotto che il socio di minoranza si sia ingerito nella gestione della società, o vi abbia esercitato alcuna influenza dominante”.
Pertanto, conclude il Collegio, “non si è … in presenza di concreti e apprezzabili elementi probatori di un collegamento sostanziale e tanto è sufficiente a determinare l’illegittimità dell’atto di diniego impugnato in primo grado”.
I principi di diritto espressi
Di seguito, in sintesi, i principi di diritto espressi dal Consiglio di Stato tramite le due Sentenze in commento:
1) “l’onere della prova del collegamento tra imprese ricade sulla parte che ne affermi l’esistenza, e la dimostrazione deve necessariamente fondarsi su elementi di fatto univoci, non suscettibili cioè di letture alternative o dubbie, desumibili dalla struttura imprenditoriale dei soggetti coinvolti […]”;
2) “la circostanza che l’amministratore di una impresa possieda una partecipazione minoritaria nel capitale sociale di altra impresa costituisce indizio che non possiede quei requisiti di gravità, precisione e concordanza imprescindibili ai fini della rilevanza probatoria […]”.
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