L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4/2023 afferma un importante principio in tema di appellabilità dell’ordinanza pronunciata dal TAR sull’istanza di accesso documentale ex art. 116, co. 2, c.p.a., presentata nel corso del giudizio.
L’ordinanza resa nel corso del processo di primo grado sull’istanza di accesso documentale ai sensi dell’art. 116, secondo comma, cod. proc. amm., è appellabile innanzi al Consiglio di Stato.
Di Avv. Flavia Rossi
Indice
La vicenda processuale
1. Alcuni avvocati appartenenti all’ufficio “consulenza legale” della Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) hanno impugnato, innanzi al TAR del Lazio, la deliberazione della Consob n. 21621 del 10 dicembre 2020, con cui la Commissione ha approvato il regolamento del personale, nella parte relativa al mancato adeguamento del trattamento giuridico ed economico, nonché dell’ordinamento delle carriere, degli avvocati interni rispetto a quanto previsto dalla L.n. 247/2012 (Legge che disciplina l’ordinamento forense) e dall’ordinamento delle carriere degli avvocati della Banca d’Italia.
2. Nell’ambito di tale giudizio incardinato innanzi al TAR Lazio, i ricorrenti hanno proposto un’istanza, ai sensi dell’art. 116, co. 2 c.p.a., volta ad ottenere l’annullamento della nota del 1° luglio 2021, con cui la Consob ha parzialmente respinto la richiesta di accesso, relativa:
i) alla documentazione e ai verbali;
ii) alla corrispondenza intercorsa tra le unità organizzative;
iii) alla corrispondenza intercorsa tra la Consob e gli ordini professionali di appartenenza degli avvocati della consulenza legale, l’Avvocatura dello Stato e altri eventuali consulenti esterni dell’Istituto.
3. Con la nota del 1° luglio 2021, la Consob ha accolto la domanda di accesso limitatamente alla corrispondenza con gli ordini professionali di appartenenza degli avvocati della consulenza legale e la ha invece respinta quanto alla rimanente documentazione.
4. Il Tribunale amministrativo, con l’ordinanza del 15 luglio 2022, n. 10020, ha accolto l’istanza, ritenendo prevalenti le esigenze difensive, ed ha ordinato all’Amministrazione di consentire l’accesso ai documenti richiesti.
5. La Consob – sul presupposto che l’ordinanza del Tar avesse autonoma valenza decisoria – ha proposto appello, chiedendo sia la sospensione degli effetti dell’ordinanza sia il rigetto della domanda di accesso. Nel giudizio si sono costituiti i ricorrenti di primo grado, eccependo l’inammissibilità dell’appello, poiché l’ordinanza impugnata del Tar avrebbe natura meramente istruttoria.
6. La Sesta Sezione del Consiglio di Stato, con l’ordinanza dell’8 settembre 2022, n. 4444, ha accolto la domanda cautelare limitatamente all’ordine di ostensione del parere dell’Avvocatura dello Stato, al fine di assicurare la tutela della riservatezza nei rapporti tra difensore e difeso e l’ha respinta per il resto.
La Sezione, con separata ordinanza del 28 settembre 2022, n. 8367, ha ravvisato un contrasto interpretativo sull’appellabilità dell’ordinanza resa in materia di accesso nel corso del giudizio ed ha rimesso la questione all’esame dell’Adunanza Plenaria, formulando il seguente quesito di diritto: «se, nei confronti delle ordinanze con le quali il giudice di primo grado si pronuncia separatamente su di un’istanza di accesso proposta ai sensi dell’art. 116, comma 2, cod. proc. amm., sia ammesso l’appello dinanzi al Consiglio di Stato, prima ancora che il giudizio di primo grado sia definito con sentenza».
7. La Consob ha depositato, in vista della camera di consiglio, una memoria con la quale ha fatto presente di avere consentito, senza prestare acquiescenza, l’accesso ai documenti in esecuzione dell’ordine giudiziale e ha ribadito la necessità di qualificare l’ordinanza appellata come “decisoria”, anche per garantire una tutela effettiva che eviti un pregiudizio irreversibile conseguente alla ostensione dei documenti stessa.
La decisione dell’Adunanza Plenaria n. 4/2023 e i principi ivi richiamati
1. La questione posta all’esame dell’Adunanza Plenaria riguarda la natura decisoria e, quindi, l’appellabilità dell’ordinanza del Tar che decide in ordine ad una istanza di accesso ai documenti amministrativi presentata in corso di giudizio.
2. Il Collegio, nell’esaminare il caso sottoposto alla Sua attenzione, ha preliminarmente esaminato alcune questioni generali relative: i) alla disciplina dell’accesso documentale; ii) ai mezzi di impugnazione; iii) ai mezzi di prova.
2.1. Per quanto riguarda la disciplina dell’accesso, la Corte ha ricordato che la posizione giuridica soggettiva sottesa alla disciplina dell’accesso agli atti, configura un rapporto giuridico strumentale ad altro rapporto, in cui si colloca una «situazione giuridicamente tutelata» e «collegata al documento» del quale è chiesto l’accesso (art. 22, comma 2, lett. b, l. n. 241 del 1990).
Ne consegue che l’accesso ai documenti amministrativi può avere natura procedimentale quando la domanda è proposta, ai sensi dell’art. 10 della legge n. 241 del 1990, al fine di consentire una partecipazione «più responsabile», contribuendo «a rendere l’esercizio del potere condiviso, trasparente e imparziale», secondo l’insegnamento dell’Adunanza Plenaria del 25 settembre 2020, n. 19.
Di contro, l’accesso può avere natura autonoma, quando la domanda è proposta, ai sensi degli artt. 22 e ss. della legge n. 241 del 1990, fuori dall’ambito di un procedimento amministrativo in corso. In questo caso, l’accesso ha una finalità difensiva, nel senso che la conoscenza del documento è strumentale alla tutela di una situazione giuridica, che non presuppone necessariamente la proposizione di un giudizio.
Nel caso in cui la finalità sia di difesa giudiziale, la documentazione può rilevare sia nell’ambito di un processo amministrativo, sia nell’ambito di un altro processo. Il relativo ricorso è proposto innanzi al giudice amministrativo nel rispetto del rito speciale ex art. 116, comma 1 del cod. proc. amm.
2.2. Per quanto riguarda i mezzi di impugnazione, le decisioni appellabili sono quelle espressamente o implicitamente previste dal Legislatore: le decisioni espressamente appellabili sono le sentenze adottate dai Tribunali amministrativi regionali e le ordinanze cautelari adottate dai medesimi Tribunali; le decisioni implicitamente appellabili sono quelle che, a prescindere dalla forma esteriore, hanno un contenuto decisorio idoneo ad incidere su situazioni giuridiche e suscettibili di passare in giudicato, ovvero di risolvere in contraddittorio tra le parti una specifica controversia.
2.3. Infine, in relazione ai mezzi istruttori, il codice del processo amministrativo prevede che: i) spetta alle parti l’onere di fornire gli elementi di prova nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni (artt. 63, comma 1, e 64, comma 1), senza la necessità che le richieste istruttorie, rivolte direttamente al giudice, siano notificate alle altre parti; ii) il giudice può disporre, anche d’ufficio, l’acquisizione di informazioni e documenti utili nella disponibilità della pubblica amministrazione (artt. 63, comma 1, e 64, comma 2), nonché l’ispezione e l’esibizione di documenti in possesso di terzi (art. 63, comma 2); iii) il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento e può desumere argomenti di prova dal comportamento tenuto dalle parti nel corso del processo (art. 64, comma 4).
Le ordinanze istruttorie, rilevando solo all’interno del giudizio, non sono appellabili, in quanto non possono mai pregiudicare la decisione della causa e, di regola, possono essere modificate o revocate dal giudice che le ha pronunciate.
3. Ciò premesso, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha esaminato la questione relativa alla appellabilità dell’ordinanza che ha deciso sull’istanza di accesso ai documenti, depositata nel corso del processo, svolgendo un breve excursus storico-normativo dell’istituto.
Infatti, nel suo testo originario, l’art. 25 della legge n. 241 del 1990 non disciplinava l’istanza di accesso depositata nel corso del processo amministrativo. L’art. 17, comma 1, lett. b), della legge 11 febbraio 2005, n. 15, ha poi modificato il comma 4 del medesimo articolo 25, disponendo che in pendenza del giudizio amministrativo «il ricorso può essere proposto con istanza presentata al Presidente e depositata presso la segreteria della Sezione cui è assegnato il ricorso, previa notifica all’amministrazione o ai controinteressati, e viene deciso con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio».
Il comma 2 dell’art. 116 cod. proc. amm. – nell’abrogare tacitamente l’art. 25, comma 4, così modificato – ha previsto che: «in pendenza di un giudizio cui la richiesta di accesso è connessa il ricorso di cui al comma 1 può essere proposto con istanza depositata presso la segreteria della Sezione cui è assegnato il ricorso principale previa notificazione all’amministrazione e agli eventuali controinteressati». La stessa norma ha disposto che: «l’istanza è decisa con ordinanza separatamente dal giudizio principale, ovvero con la sentenza che definisce il giudizio».
4. Fatte queste doverose premesse, l’Adunanza Plenaria rappresenta come, sul punto, si siano formati nel tempo tre orientamenti giurisprudenziali.
4.1. Un primo orientamento ritiene che si tratti di una vera e propria domanda di accesso ai documenti amministrativi, con qualificazione dell’ordinanza come avente natura decisoria (Cons. Stato, sez. V, 12 giugno 2019, n. 3936; Cons. Stato, sez. V, 21 maggio 2018, n. 3028).
Tale ricostruzione valorizza la previsione che impone la notificazione dell’istanza all’Amministrazione e ai controinteressati e comporta che: i) sul piano sostanziale, si applica integralmente la disciplina dell’accesso, anche per quanto attiene alla portata dell’accesso difensivo, nel senso che la documentazione può essere rilasciata «senza verificare la concreta pertinenza degli atti con l’oggetto della controversia principale» (Cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 3936 del 2019); ii) sul piano processuale, l’ordinanza è autonomamente impugnabile con ricorso al Consiglio di Stato ed è suscettibile di esecuzione coattiva con la proposizione del ricorso per ottemperanza.
4.2. Un secondo orientamento – condiviso dalla Sezione remittente – ritiene che si tratti di una istanza istruttoria, con qualificazione dell’ordinanza come avente anch’essa natura istruttoria (Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 16 marzo 2020, n. 1878; Cons. Stato, sez. III, 21 ottobre 2015, n. 806; Cons. Stato, sez. IV, 12 luglio 2013, n. 3579).
Tale ricostruzione valorizza il riferimento, contenuto nell’art. 116, alla «connessione» dell’istanza con il giudizio in corso, che presuppone sempre un rapporto di “strumentalità in senso stretto” della documentazione richiesta per la definizione del giudizio principale e tiene conto dell’esigenza di evitare il rischio di impugnazioni autonome su ordinanze istruttorie che in seguito potrebbero rivelarsi comunque superflue. Essa comporta che i) sul piano sostanziale, non si applica la disciplina dell’accesso; ii) sul piano processuale, si applica il regime delle ordinanze istruttorie, con esclusione della loro appellabilità e prevedendo la possibilità della loro modifica e revoca da parte del giudice che le ha adottate.
4.3. Infine, un terzo orientamento, intermedio, ritiene che vadano distinte due tipologie di ordinanze: i) la prima ha natura decisoria ed è appellabile, quando è adottata applicando la normativa in materia di accesso ai documenti «senza passare al vaglio della pertinenza dei documenti in relazione al giudizio in corso» (Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 14 agosto 2020, n. 5036); ii) la seconda ha natura istruttoria e non è appellabile, quando è adottata avendo riguardo alla rilevanza della documentazione ai fini della decisione.
5. Nel decidere il caso sottoposto alla Sua attenzione, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la pronuncia in commento, ha ritenuto applicabile il primo orientamento, seppur con delle precisazioni.
Per il Supremo Consesso, la tesi della “natura decisoria”, con conseguente appellabilità dell’ordinanza, va seguita per le seguenti ragioni.
5.1. In primo luogo – sulla base del criterio di interpretazione letterale – l’art. 116 cod. proc. amm. prevede, al comma 2, che: i) «il ricorso di cui al comma 1» può essere proposto con istanza in pendenza di giudizio, il che evidenzia – per il rinvio effettuato all’accesso richiesto con ricorso autonomo – la sostanziale unitarietà del rimedio; ii) l’istanza deve essere notificata all’Amministrazione e agli eventuali controinteressati, che potrebbero anche essere diversi dalle parti già evocate in giudizio, il che evidenzia come il rispetto delle regole del contraddittorio sia coerente con la logica della natura decisoria dell’ordinanza.
5.2. In secondo luogo – sulla base del criterio di interpretazione storica – le norme vigenti, rispetto a quelle contenute nell’art. 17 della legge n. 15 del 2005, non qualificano più l’ordinanza in esame come «ordinanza istruttoria».
5.3. In terzo luogo – sulla base del criterio di interpretazione sistematica – il codice del processo amministrativo ha disciplinato distintamente la fase dell’istruttoria e l’istanza di accesso in corso del giudizio, con la conseguenza che non si possono sovrapporre gli istituti in esame.
5.4. In quarto luogo – sulla base dei criteri di interpretazione conforme a Costituzione – è necessario assicurare il diritto di difesa (artt. 24 e 113 Cost.; art. 1 cod. proc. amm.) dei controinteressati e della stessa pubblica amministrazione, qualora nel corso del processo sia emessa una ordinanza che accolga il ricorso ex art. 116, comma 2, cod. proc. amm. e consenta l’ostensione dei documenti richiesti. Infine – sempre sulla base del criterio di interpretazione conforme a Costituzione – il principio del doppio grado di giudizio impone, in presenza di provvedimenti aventi contenuto decisorio, di consentire alle parti di proporre appello (cfr. Corte cost. n. 8 del 1982; Cons. Stato, Ad. plen. n 1 del 1978).
Conclusioni
1. In sostanza, sulla base dell’evoluzione normativa dell’istituto dell’accesso, e in considerazione dell’operazione ermeneutica effettuata dall’Adunanza Plenaria nel caso di specie, con le coordinate applicative che ne derivano, deve ritenersi che l’ordinanza che esamina l’istanza di accesso proposta nel corso di giudizio abbia valenza decisoria, in quanto incide su situazioni giuridiche diverse rispetto a quelle oggetto del giudizio principale, così come avviene nel caso di ricorso proposto in via autonoma e, pertanto, può essere appellata.
2. Ciò posto, devono essere segnalate alcune peculiarità.
2.1. La prima peculiarità risiede nel fatto che in questo caso si tratta di un accesso difensivo “qualificato” dalla circostanza che la documentazione richiesta deve essere strumentale alla tutela delle situazioni giuridiche che sono state fatte valere in uno specifico processo amministrativo in corso di svolgimento.
Si tratta di una “strumentalità in senso ampio”, in quanto la valutazione che deve essere effettuata dal giudice non è soltanto volta a verificare la possibile rilevanza del documento per la definizione del giudizio, ma può servire anche per risolvere in via stragiudiziale la controversia, per proporre una nuova impugnazione ovvero ancora una diversa domanda di tutela innanzi ad altra autorità giudiziaria.
2.2. La seconda peculiarità risiede nel fatto che la disposizione in esame consente al giudice di non decidere in ordine all’istanza di accesso con ordinanza, ma di deciderla con la sentenza che definisce il giudizio. Questa previsione si spiega proprio nella logica della «connessione» della domanda con il giudizio in corso. Tale soluzione consente maggiore celerità allo svolgimento del processo senza incidere sulla tutela della parte, in quanto la decisione è solo rinviata alla fase conclusiva del processo stesso.
3. Ciò premesso, l’Adunanza Plenaria afferma il seguente principio di diritto: “l’ordinanza resa nel corso del processo di primo grado sull’istanza di accesso documentale ai sensi dell’art. 116, secondo comma, cod. proc. amm., è appellabile innanzi al Consiglio di Stato”.
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