Il Tar del Lazio, Roma, con la Sentenza n. 2784/2023 del 16 febbraio 2023, nell’ambito di una fattispecie concernente la valutazione di un progetto di un impianto eolico, ha accolto il ricorso del privato operatore economico sulla base delle carenze di motivazione, istruttoria e proporzionalità rese da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, chiamata ad esprimersi nel dirimere i contrasti valutativi emersi in seno alla conferenza di servizi.
In particolare, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nel fare propria la valutazione resa dal Ministero della Cultura, ha fornito una motivazione insufficiente, poiché si è limitata a richiamare meramente le ragioni espresse da quest’ultimo senza effettuare alcun confronto con quelle espresse dal già Ministero della Transizione Ecologica, nonché con quelle del privato. Altresì, la decisione sembra non aver considerato la proposta di variante progettuale presentata dalla ricorrente.
di Avv. Manuel Costa
La vicenda fattuale
La ricorrente (produttore energetico attivo nel settore delle rinnovabili) censurava il giudizio negativo di compatibilità ambientale espresso in relazione al progetto di un parco eolico da realizzarsi in Puglia (provincia di Barletta-Andria-Trani), con stazione di trasformazione e consegna ubicata nel comune confinante, Genzano di Lucania (PZ), in Basilicata.
Il progetto, che prevedeva l’installazione di n. 9 aerogeneratori di potenza unitaria pari a 3,6 MW, era stato favorevolmente valutato dalla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VAS–VIA del già Ministero della Transizione Ecologica (oggi Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica – “MASE”) con un primo parere in data 22 novembre 2019.
Il successivo 15 maggio 2020, la succitata Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale del Ministero dell’Ambiente confermava il precedente parere favorevole.
Tuttavia, in data 28 maggio 2020, il Ministero della Cultura – dopo l’invio della comunicazione di preavviso di rigetto ex art. 10-bis della L. 241/90, in ordine al quale la ricorrente inviava le proprie controdeduzioni – nel richiamare i pareri negativi resi dalle Soprintendenze interessate, unitamente a quello della Regione Puglia, esprimeva un parere tecnico istruttorio negativo.
Seguiva, dunque, l’invio di una nuova modifica progettuale da parte della ricorrente, sulla base della quale l’allora Ministero dell’Ambiente e della Transizione Ecologica richiedeva al Ministero della Cultura la disponibilità a un riesame.
Di talché, il 16 aprile 2021, il Ministero della Transizione Ecologica chiedeva di attivare la procedura prevista dall’art. 5, comma 2, lettera c–bis, della legge n. 400/1988 (ovverosia l’intervento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) al fine di risolvere i dissensi e i contrasti emersi fra le amministrazioni coinvolte, attraverso il rilascio di apposite valutazioni istruttorie, in ordine alla richiesta di valutazione di impatto ambientale richiesta dalla ricorrente.
Dunque, in data 10 marzo 2022, il Consiglio dei Ministri decideva di “fare propria la posizione del Ministero della cultura e di non consentire il proseguimento del procedimento di valutazione dell’impatto ambientale del progetto di impianto eolico denominato “Spinazzola”, di potenza complessiva pari a 32,4 MW, […] per le motivazioni esposte in premessa e considerati i molteplici impatti negativi dell’opera, al fine della tutela e della conservazione dei valori paesaggistici e culturali dell’area interessata indicati dal Piano paesaggistico territoriale regionale della regione Puglia e declinati in obiettivi e direttive”.
La delibera, adottata in esito alla riunione di coordinamento convocata presso il “Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri”, risulta così motivata:
- “Rilevato che, in sede di riunione istruttoria, i rappresentanti del Ministero della cultura hanno ribadito il parere contrario alla realizzazione dell’impianto in questione in quanto è localizzato in prossimità di aree ad elevata valenza ambientale e paesaggistica, con numerosi beni protetti collocati nell’ambito dell’Area Vasta d’Indagine (AVI), pari a 9 km di raggio e contrasta con il PPTR, nella parte relativa agli indirizzi e direttive di tutela, evidenziati nella normativa d’uso della sezione C2 della scheda d’ambito di riferimento;
- Rilevato che, ad avviso del MIC, nelle immediate vicinanze del progetto si collocano importanti fulcri visivi, come la città di Poggiorsini, i resti del Castello di Garagnone e innumerevoli segni della cultura locale (alcune delle quali – come la “Masseria Trimaglio”, la “Masseria Massaro” e la “Masseria TegolaRossa” – riconosciute come “Ulteriori contesti paesaggistici – Testimonianze della stratificazione insediativa”) e jazzi, nonché il Castello di Monteserico (PZ), situato in posizione strategica sulla sommità di un rilievo di 600 metri e tutelato con decreto ministeriale del 14 marzo 1960;
- Rilevato, inoltre, che il Ministero della cultura, nei citati pareri, ha rappresentato che l’impianto in progetto sarebbe visibile dal costone murgiano nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia, dove il PPTR individua anche quattro luoghi panoramici; dai margini del centro storico di Spinazzola e dalle strade a valenza paesaggistica che scorrono in prossimità degli aerogeneratori in progetto (in particolare, tratti della SP 230 e della SP 138);
- Rilevato che, a parere del Ministero della cultura, il tracciato del cavidotto interrato di connessione alla rete elettrica interferisce con alcuni tratturi e che una parte dello stesso interesserebbe il “torrente Basentello”, corso d’acqua pubblico tutelato ai sensi dell’articolo 142, comma 1, lettera c), del citato decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e, inoltre, che il progetto è poco distante dal Sito di Importanza Comunitaria (SIC) denominato “Valloni di Spinazzola”;
- Rilevato che, a parere del Ministero della cultura, il progetto si inserisce in un’area ad elevata valenza archeologica, come testimoniato dalle numerose attestazioni di insediamenti, anche pluristratificati, noti da bibliografia e dati d’archivio, con il rischio di intercettare depositi archeologici conservati nel sottosuolo e non riconoscibili da tracce in superficie”;
- Valutato che, in generale, ad avviso del Ministero della Cultura, dalla realizzazione dell’impianto deriverebbe un significativo impatto sulle visuali paesaggistiche, in contrasto con le invarianti strutturali che identificano la Figura Territoriale 6.2/”La Fossa Bradanica” nell’Ambito paesaggistico “Alta Murgia”.
- Quanto alla posizione espressa dal Ministero della transizione ecologica, questa è compendiata nel menzionare il fatto che lo stesso, nella riunione istruttoria, “ha confermato l’interesse pubblico all’incremento di produzione di energia da fonti rinnovabili, quale permanente obiettivo primario a livello nazionale e dell’Unione europea, al cui rispetto contribuisce anche la realizzazione dell’impianto in esame”, dando poi il provvedimento atto della necessità che il detto interesse venga bilanciato con l’interesse alla tutela paesaggistico-ambientale di cui all’art. 9 della Costituzione e che la convinta adesione dell’Italia al processo di transizione ecologica e decarbonizzazione debba avvenire nel rispetto degli altri interessi pubblici connessi e, in modo particolare, dei valori culturali e paesaggistici.
- Considerato, infine che, “ove gli aerogeneratori in progetto, per la loro collocazione, ove venissero realizzati, rischierebbero di mutare significativamente il paesaggio, alterandone la percezione all’interno del contesto, ricco di testimonianze storico-culturali dell’Alta Murgia e che il progetto medesimo non essendo compatibile con le esigenze di tutela paesaggistica del territorio si pone in irrimediabile contrasto con il PPTR”, il provvedimento afferma che “dalla comparazione degli interessi coinvolti nel procedimento in esame, individuati da un lato nella tutela paesaggistica e a un altro lato nello sviluppo della produzione di energie da fonti rinnovabili, nonché nella valenza imprenditoriale ed economica dell’opera in argomento, di considerare prevalente l’interesse alla tutela del paesaggio, condividendo l’avviso del Ministero della cultura, in considerazione dei molteplici impatti negativi dell’opera sopra esposti, al fine della tutela e della conservazione dei valori paesaggistici e culturali dell’area interessata”.
Il giudicato del TAR
Nel merito, il TAR del Lazio ha accolto il ricorso in virtù della fondatezza delle seguenti censure addotte dalla ricorrente:
- difetto di motivazione;
- difetto di istruttoria;
- difetto di proporzionalità.
Il provvedimento impugnato (i.e. il decreto del Ministro della Transizione Ecologica recante giudizio di compatibilità ambientale negativo per il progetto “Parco eolico Spinazzola”, basato sul contenuto della cennata deliberazione del Consiglio dei Ministri del 10 marzo 2022) presenta un’evidente carenza motivazionale – proprio con riferimento al bilanciamento degli interessi contrapposti – in quanto costituito “sul mero richiamo alle ragioni espresse dal Ministero della cultura senza porre in essere una effettiva comparazione delle stesse con quelle espresse dal Ministero della transizione ecologica, che aveva richiesto la rimessione della questione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, e senza alcuna menzione, neppure sintetica, delle posizioni del privato richiedente il parere di compatibilità paesaggistica oggetto del procedimento, con particolare riferimento alla variante progettuale da questo proposta in corso di procedimento”.
La motivazione in punto di bilanciamento, si evince nella Sentenza in commento, “viene risolta in una assertiva prevalenza, nel caso di specie, dell’interesse alla tutela del paesaggio sull’interesse alla realizzazione dell’opera, senza che di tale prevalenza siano indicate le concrete ragioni”.
Non si comprendono, dunque:
– le ragioni per le quali sono state considerate recessive le affermazioni del Ministero della Transizione Ecologica in ordine alla valenza costituzionale dei principi in materia di fonti energetiche rinnovabili;
– le argomentazioni tramite le quali è stata superata l’originaria valutazione espletata dal Ministero della Transizione Ecologica, secondo cui “il layout dell’impianto è tale da non compromettere la percezione dei beni culturali presenti nell’area”.
Altresì, dalla lettura del provvedimento impugnato è emerso che non hanno formato oggetto di valutazione da parte della Presidenza le ulteriori circostanze rappresentate dal Ministero della Transizione Ecologica con riguardo al fatto che la zona di intervento non ricade in aree sottoposte a vincolo paesistico e che le distanze dagli impianti limitrofi sono tali per cui la sovrapposizione dell’impianto “Spinazzola” non avrebbe contribuito in maniera significativa a creare un effetto selva.
Nessun cenno è poi fatto alla proposta di variante progettuale presentata medio tempore dalla ricorrente.
Pertanto, afferma il Collegio giudicante. “la tecnica argomentativa, oltre alla già rilevata apoditticità proprio in punto di comparazione, appare dunque pure sintomatica di una criticità istruttoria”.
Invero, continua il Collegio:
- “il dissenso del Ministero della cultura, fatto proprio dalla Presidenza del Consiglio, avrebbe dovuto indicare, delle modifiche progettuali di mitigazione dell’impatto, o, quantomeno individuare le ragioni per le quali le riscontrate criticità apparivano assolutamente non superabili in ragione di un significativo e peculiare valore archeologico dei beni, ciò che si rifrange, come pure lamentato da parte ricorrente, in una violazione del principio di proporzionalità (su cui cfr., in fattispecie analoga, Consiglio di Stato, sez. quarta, 28 marzo 2022, n. 2242 e, con specifico riferimento al principio di proporzionalità, Consiglio di Stato, sez. VI, 23 settembre 2022, n. 8167);
- “E’ infatti consolidato il principio per cui “anche con riferimento agli atti di alta amministrazione, specie se emessi – come nel caso di specie – all’esito di un articolato procedimento definito normativamente, può e deve ammettersi un sindacato in ordine al rispetto delle prescrizioni normative e in primis della legge n. 241 del 1990; e ciò al fine di assicurare il necessario presidio di legalità anche in quella delicata fase del procedimento in cui emerge una “frattura” del principio di separazione delle competenze tra “politica” e “gestione”” (così Tar Molise, 16 aprile 2020, n. 107, che richiama Tar Piemonte 27 luglio 2012, n. 952; più in generale per il principio per cui le deliberazioni del Consiglio dei Ministri emesse all’esito del procedimento di composizione di conflitti, non costituendo un atto politico ma un atto di alta amministrazione, sono assoggettate al sindacato di legittimità del giudice amministrativo nei limiti del controllo del vizio dell’eccesso di potere, nelle particolari figure sintomatiche della “inadeguatezza del procedimento istruttorio”, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, arbitrarietà, irragionevolezza della scelta adottata o “mancanza di motivazione”, cfr. Cassazione civile sez. un., 12/07/2019, n.18829)”.
I principi affermati in sentenza
- La Presidenza del Consiglio dei Ministri, nell’aderire al dissenso reso dal Ministero della Cultura, avrebbe dovuto indicare, le modifiche progettuali di mitigazione dell’impatto ritenute necessarie, o, quantomeno individuare le ragioni per le quali le riscontrate criticità apparivano insuperabili in ragione di un significativo valore archeologico dei beni oggetto di valutazione (ciò, in spregio alla violazione del principio di proporzionalità);
- Èstato richiamato il consolidato principio secondo cuianche gli atti di alta amministrazione possono essere soggetti ad un sindacato in ordine al rispetto delle prescrizioni normative e in primis della legge n. 241 del 1990.Pertanto, “le deliberazioni del Consiglio dei Ministri emesse all’esito del procedimento di composizione di conflitti, non costituendo un atto politico ma un atto di alta amministrazione, sono assoggettate al sindacato di legittimità del giudice amministrativo nei limiti del controllo del vizio dell’eccesso di potere, nelle particolari figure sintomatiche della “inadeguatezza del procedimento istruttorio”, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, arbitrarietà, irragionevolezza della scelta adottata o “mancanza di motivazione”.
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