Il Consiglio di Stato, Sez. IV, cona la Sentenza del 19 maggio 2023, n. 5019, ha avuto modo di esprimersi in merito alla legittimità del sindacato del giudice amministrativo su una decisione assunta dal Consiglio dei Ministri, in una vicenda che verteva sul contrasto emergente tra diversi Ministeri con riferimento alla realizzabilità di un parco eolico.
Indice
I fatti di causa: il dissenso fra Ministeri sulla realizzazione del Parco Eolico
Il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione presentata congiuntamente dal Ministero della Transizione Ecologica, dal Ministero della Cultura e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, avverso la Sentenza di primo grado che aveva annullato – per eccesso di potere da disparità di trattamento – la delibera del Consiglio dei Ministri il quale, in presenza di un contrasto emergente fra la posizione del Ministero della Cultura (di opposizione alla realizzazione di un parco eolico), e quella della Commissione di VIA presso il Ministero dell’Ambiente (di accoglimento alla realizzazione del medesimo parco eolico) – aveva fatto propria la posizione del Ministero della Cultura.
Oltre all’annullamento della delibera, il giudice di primo grado aveva disposto il rinvio della pratica al Consiglio dei Ministri al fine di espletare una nuova istruttoria, ovverosia “ai fini di una complessiva (ri)valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti e per un suo motivato riesame […]”.
Ai fini che ci occupano, è sufficiente rappresentare che la Società vittoriosa in primo grado (ed appellata dinanzi al Consiglio di Stato), aveva dedotto a fondamento delle proprie ragioni la disparità di trattamento riservatale dal Consiglio dei Ministri, considerando che nell’ambito di due procedimenti analoghi (aventi ad oggetto la realizzazione di due impianti eolici come quello in esame), la valutazione dei contrapposti interessi coinvolti è risultata diametralmente opposta (i.e. di accoglimento) risultando, pertanto, evidente un mutamento di indirizzo della Presidenza del Consiglio dei Ministri ingiustificato e discriminatorio.
Al riguardo, il Collegio ha osservato che “la diversità di trattamento fondante il vizio accolto dal T.a.r. si basa, non già su situazioni sostanzialmente omologhe bensì – come anche e condivisibilmente argomentato dalla società appellata – sulla diversità di criteri di valutazione in situazioni che, pur diverse, necessitano, tuttavia, di analogo trattamento quanto ai criteri di misurazione e argomentazioni logiche, che devono essere caratterizzati da profili di oggettività istruttoria e motivazionale in quanto finalizzati al perseguimento dell’unico, avvolgente interesse pubblico proiettato a favorire il rinnovo delle fonti energetiche e la produzione di energia secondo modalità che garantiscano anche la tutela dell’ambiente e, comunque, consentano il raggiungimento dell’obiettivo eurounitario rappresentato dall’incremento delle fonti di energia eolica per almeno il 30% nell’anno 2030”.
La sentenza del Consiglio di Stato ed il principio affermato
Il Consiglio di Stato, dunque, nell’accogliere le deduzioni ed eccezioni della Società appellata, ha ritenuto il ricorso in appello presentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, congiuntamente al Ministero della Transizione Ecologica ed al Ministero della Cultura, infondato nel merito, in virtù delle seguenti ragioni.
Il procedimento di cui all’art. 5, co. 2, lett. c-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400 prevede la possibilità che il Presidente del consiglio dei Ministri possa sottoporre al Consiglio dei ministri la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti.
Ciò, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, a maggior ragione nell’ambito di un procedimento di VIA/VAS.
La decisione assunta dal Consiglio dei ministri nell’ambito della procedura in esame, invero, è frutto di un giudizio valutativo reso sulla base di oggettivi criteri di ponderazione, pienamente esposti al sindacato del giudice, seppur caratterizzato da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici in gioco, nonché e del relativo apprezzamento rispetto all’interesse dell’esecuzione dell’opera.
Pertanto, afferma il Supremo Consesso Amministrativo, “detto apprezzamento è, dunque, sindacabile dal giudice amministrativo nella pienezza della cognizione del fatto e censurabile in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, ovvero nel caso in cui l’istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato e risulti perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all’amministrazione”.
Dunque, “il collegio ritiene che l’amministrazione, allo scontato controllo esogeno della discrezionalità amministrativa, non abbia fatto buon governo dei propri poteri in tema di valutazione e ponderazione dei contrapposti interessi, esponendo il proprio giudizio a un irragionevole esito del bilanciamento in tal modo effettuato”.
In particolar modo, “in questo contesto valutativo, connotato sì da margine di ampia discrezionalità ma teleologicamente vincolato nel fine, il collegio ravvisa l’omessa esplicitazione delle ragioni per le quali il Consiglio dei Ministri ha inteso dare prevalenza alla posizione di contrarietà al progetto manifestata dal Ministero della cultura”.
In altri termini, “[…] ciò che mal si comprendono sono le ragioni per le quali il Consiglio dei ministri ha preferito, all’esito delle rappresentazioni fattuali e del p.p.t.r., aderire all’interesse pubblico di cui era portatore il Ministero della cultura, piuttosto che all’interesse pubblico di cui era portatore il Ministero dello sviluppo economico previa ponderazione degli interessi tutti coinvolti”.
Fermo quanto sopra, dunque, il Collegio – nel respingere il ricorso in parola per infondatezza nel merito – ha affermato che la delibera del Consiglio dei Ministri è viziata “non già sulla circostanza (dedotta da parte appellante) di avere trattato in modo diverso fattispecie non omologhe (ciò che sarebbe stato di per sé legittimo) bensì, sulla diversità (quindi, non certezza e obiettività) dei criteri di valutazione utilizzati dall’amministrazione a fronte di fattispecie ontologicamente assimilabili (id est: impianti eolici, utilizzo di territorio agricolo non vincolato, regime normativo di protezione del p.p.t.r.)”.
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