Demolizione dell’abuso edilizio oltre il novantesimo giorno indicato nell’ordinanza: l’amministrazione può concedere tale possibilità al privato.

L’Adunanza Plenaria n. 16/2023 del Consiglio di Stato rielabora gli effetti dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale, ex art. 31, comma 3, D.P.R. n. 380/2001.
È riconosciuta al privato la possibilità di demolire l’abuso sanzionato nonostante la produzione degli effetti acquisitivi. Possibilità, tuttavia, ancorata ad una decisione discrezionale dell’Amministrazione.

di Avv. Aniello Iervolino


Sono cinque i principi di diritto elaborati dalla recente sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 16 dell’11 ottobre 2023.

Il quarto principio, in ordine (ndr. lett. d), introduce, all’ultimo inciso, un elemento di assoluta novità: “l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione comporta la novazione oggettiva dell’obbligo del responsabile o del suo avente causa di ripristinare la legalità violata, poiché, a seguito dell’acquisto del bene da parte dell’Amministrazione, egli non può più demolire il manufatto abusivo e deve rimborsare all’Amministrazione le spese da essa sostenute per effettuare la demolizione d’ufficio, salva la possibilità che essa consenta anche in seguito che la demolizione venga posta in essere dal privato”.

I Giudici di Palazzo Spada hanno, per la prima volta, previsto che il privato possa demolire l’abuso oggetto dell’ordinanza ablatoria, finanche quando siano spirati i termini (90 giorni) che l’Ente assegna per la demolizione spontanea ex art. 31, D.P.R. n. 380/2001.

Questa decisione viene a valle di una serie di arresti giurisprudenziali del Consiglio di Stato, la prima il 20 gennaio 2023, con i quali si è cercato di valorizzare una parte del procedimento di ripristino dello stato dei luoghi, lasciato sempre in secondo piano fino a quel momento: il dato normativo di riferimento è l’art. 31, comma 4 del D.P.R. n. 380/2001, che stabilisce che l’accertamento dell’inottemperanza alla demolizione costituisce titolo per l’immissione in possesso, previa notifica all’interessato.

Il Consiglio di Stato, sez. II, con la sentenza n. 714 del 20 gennaio 2023, ha così lapidariamente deciso: L’art. 31 scandisce chiaramente tali fasi procedimentali che non sono surrogabili dal fatto noto che l’abuso non è stato demolito (…). 16.1.2. La giurisprudenza amministrativa più recente ha precisato che il perfezionamento procedimentalizzato di tale fattispecie acquisitiva risulta subordinato all’apertura di una parentesi accertativa dell’eventuale spontanea ottemperanza all’ordine di demolizione da parte dell’ingiunto, i cui esiti devono essergli previamente comunicati. (…) Il completo perfezionamento della fattispecie acquisitiva è subordinato all’adozione di un atto avente valore provvedimentale, ma per addivenire allo stesso vanno rispettati i passaggi procedurali a garanzia del contraddittorio e del diritto di difesa delle parti e pure per esigenze di economia, stante che l’avvenuta demolizione spontanea soddisfa pienamente le esigenze di buon governo del territorio dell’amministrazione vigilante”.

Il Consiglio di Stato, proseguendo, con specifico riferimento al verbale di accertamento di inottemperanza, ha soprattutto chiarito che: “(…) a detto verbale di sopralluogo deve essere attribuito il valore corrispondente, mutatis mutandis, al verbale di contestazione dell’illecito ex art. 14 della l. n. 689 del 1981, stante che è solo a far data dallo stesso che il proprietario (…) viene messo in condizione di chiarire la propria posizione, scongiurando l’effetto acquisitivo (ma non, ovviamente, quello demolitorio). Solo così è possibile recuperare quel necessario elemento di raccordo tra i due snodi che tipicamente connotano ogni procedimento sanzionatorio, ovvero la fase affidata agli organi di vigilanza, deputata all’acquisizione di elementi istruttori, e la successiva, avente natura lato sensu contenziosa e decisoria, preordinata all’adozione, da parte dell’autorità titolare della potestà sanzionatoria, del provvedimento di irrogazione della stessa”.

Il recentissimo orientamento del Consiglio di Stato dà modo di evidenziare la particolare attenzione che un Ente deve porre prima di poter giungere all’acquisizione al proprio patrimonio, concedendo al privato i corretti termini procedimentali per poter scongiurare l’effetto acquisitivo.

L’unico interesse dell’Amministrazione, secondo il Giudice, è quello di addivenire al ripristino dello stato dei luoghi.

Sono notorie le difficoltà degli Enti nell’eseguire le numerosissime demolizioni di beni acquisiti al patrimonio comunale, che impongono l’accantonamento di elevate risorse finanziarie, difficilmente recuperabili nei confronti dei privati attraverso azioni di rivalsa.

Tale pronuncia, nel valorizzare l’obbligo di notifica del verbale di accertamento di inottemperanza va, difatti, letta come il tentativo ultimo da concedere al privato per ripristinare lo stato dei luoghi, consapevole di aver perso la titolarità dell’opera abusivamente realizzata, ma stimolato dalla possibilità di evitare l’acquisizione in capo all’Ente di ulteriore area di sedime.

La ratio di una siffatta pronuncia risiede:

  1. nella necessità di sgravare il più possibile le Amministrazioni dall’esecuzione delle demolizioni di opere abusive (“…e pure per esigenze di economica…”) con l’ancor più onerosa fase di recupero delle spese affrontate per la demolizione;
  2. nel consentire al privato, sino alla fine, di tutelare la sua proprietà attraverso la demolizione spontanea, partecipando attivamente al buon governo del territorio.

Una siffatta lettura dell’art. 31, comma 4 del TUED è stato ribadita dalla sez. II del Consiglio di Stato con sentenza n. 1488 del 13 febbraio 2023, nonché dalla sez. VI, con sentenza n. 2253 del 3 marzo 2023, nonché dalla sez. IV, con sentenza n. 3800 del 14 aprile 2023.

Alla luce di tale orientamento, l’Adunanza Plenaria, nonostante il thema decidendum non fosse incentrato precipuamente sulla circostanza appena descritta, ha inteso dare un (primo) impulso chiaro all’intero complesso procedimentale di abbattimento delle opere abusive.

Ciò posto, se, da un lato, il principio di diritto appena spiegato appare rivoluzionario, dall’altro occorre senz’altro un’analisi giurisprudenziale sulla discrezionalità riservata all’Amministrazione nell’accogliere l’istanza di demolizione spontanea – post acquisizione al patrimonio comunale – da parte del privato.

Quale effetto produce il mancato riscontro a questa istanza?

Qual è il grado di discrezionalità dell’Amministrazione nel consentire, o meno, la demolizione da parte del privato?


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